“Ogni emozione è un messaggio, il vostro compito è ascoltare…”
(Gary Zukav)
Le femmine chiedono maggiormente aiuto di fronte a qualcosa che le spaventa, mentre i maschi assumono un atteggiamento di chiusura, quindi, le femmine sono più propense ad avere fiducia nell’altro rispetto ai maschi. Nello studio di Del Giudice (2012) gli uomini si definiscono meno fiduciosi rispetto alle donne. Da un’indagine sul bullismo svolta dal Criaf del Comune di Brescia (2008) emerge che le femmine si autodichiarano vittime in percentuale maggiore rispetto ai maschi (che si autodichiarano in misura maggiore bulli), e che le femmine sono più orientate dei maschi a chiedere aiuto di fronte ad un evento negativo scatenante; questa differenza aumenta col passare dell’età. In questi casi le femmine tendono a confidarsi principalmente con la madre quando si sentono tristi e col padre quando sono arrabbiate o spaventate, mentre i maschi con la madre se si sentono spaventati e con il padre se provano rabbia. In generale, le femmine si confidano di più con i compagni e con gli adulti rispetto ai maschi, i quali tendono a chiudersi sempre di più in sé stessi facendo fatica a parlare. In una ricerca statunitense è emerso che, di fronte ad un pericolo, il talamo mostra un aumento dell’intensità dell’attività maggiormente nelle donne che negli uomini; in questi ultimi si attiva in misura maggiore il sistema nervoso autonomo, che determina la reazione di fuga ed evitamento (Urbanik, 2010).
I maschi attraversano le esperienze di Rabbia in modo più aperto rispetto alle femmine. Esprimere apertamente la rabbia significa essere in uno stato di attivazione simpaticotonica che si esplica con movimenti duri e bruschi, un’espressione del viso congruente, movimenti protesi verso l’attacco, una voce alta ed un tono muscolare tonico (Rispoli, 2004). In generale, gli studi condotti sulle emozioni dimostrano che le femmine hanno una maggiore espressione emotiva dei coetanei maschi e le emozioni vengono espresse con più frequenza, intensità e complessità, anche attraverso l’uso di vocaboli e frasi più complesse. Questo, però, sembra non essere valido per quanto riguarda l’espressione della rabbia.
Secondo una ricerca di Christian Vaccaro (2011) svolta all’università della Pennsylvania, le donne sarebbero più propense a nascondere sentimenti di rabbia ed aggressività, congruentemente con un stereotipo sociale che dipinge la donna più gentile e posata. Secondo la psicologa Shelley Taylor (2010) le femmine, se minacciate, sarebbero più orientate ad agire utilizzando strategie di accudimento a causa della secrezione di ossitocina, che ricuce la quantità di adrenalina in circolo. Nelle ricerche sul bullismo emerge che le femmine, in seguito ad episodi di questo tipo, sperimentano tristezza, paura e sensi di colpa, mentre i maschi provano rabbia; con l’aumento dell’età si riscontra un incremento della rabbia in entrambi i sessi. In una ricerca svolta nel Comune di Faenza , il gruppo di ragazze e ragazzi intervistati ha attribuito ai maschi una maggior adeguatezza nell’espressione della rabbia, considerando, al contrario, il pianto, come una reazione tipicamente femminile (2006).
Le femmine esprimono più Tenerezza rispetto ai maschi. In una ricerca condotta da Michael Slepian dell’Interpersonal Perception and Communication Laboratory della Tufts University sulla rappresentazione cognitiva dell’identità sessuale, si era ipotizzato che questa fosse costruita attraverso l’attività sensomotoria (2010). Ai 71 partecipanti venivano mostrate, mediante un programma computerizzato, 8 facce che avevano caratteristiche sia maschili che femminili; essi dovevano stringere o una pallina morbida o una dura. Durante l’esposizione allo stimolo visivo, che avveniva contemporaneamente a quello tattile, i soggetti dovevano identificare l’identità di genere del volto presentato. I risultati hanno evidenziato che i volti sono definiti come appartenente ad un maschio con più frequenza quando i soggetti stanno toccando la pallina dura; viceversa, attribuiscono ai volti l’appartenenza al genere femminile mentre stringono la pallina morbida, dimostrando quanto siano influenti gli stimoli tattili nell’identificazione dell’identità di genere. Gli autori sono, quindi, giunti alla conclusione che la “durezza” sia una caratteristica attribuita al maschile e la “tenerezza” sia un elemento chiave che contraddistingue il femminile. Anche J. Bardwich (1971), nel libro “Psicologia della donna” definisce la tenerezza come una qualità prettamente femminile.
Lee femmine sono più in Contatto con l’Altro. Il Contatto, secondo il Neofunzionalismo, è un’Esperienza di Base che si esplica attraverso diversi organi sensoriali: il tatto, le emozioni, i pensieri e le sensazioni che permettono di capire, al di là delle apparenze, come l’altro veramente è; si tratta di un’esperienza di estrema vicinanza con un’altra persona che non ha nessun altro scopo se non il Contatto stesso ed è grazie a questa che si creano e mantengono le relazioni più durature (Rispoli, 2004). Secondo Hoffmann (2000) l’empatia è ciò che rende possibile la vita sociale poiché permette agli individui di preoccuparsi per gli altri. Quasi tutti gli orientamenti concordano che l’empatia, concetto intimamente correlato a quello di Contatto, è presente nei bambini, fin dalla nascita, come capacità di sintonizzarsi sul tono emotivo degli altri: capacità che comprende, non solo componenti emotive, ma anche cognitive e degli altri piani del Sé. Secondo la recente ricerca di Del Giudice, affiancato da due colleghe della Manchester Business School (2012), le femmine (adulte) si descriverebbero come più sensibili, apprensive e calde emotivamente rispetto ai maschi, caratteristiche che possono essere ricondotte al concetto di Contatto. Le femmine sono risultate, dunque, più attente agli altri. Anche secondo Baron-Cohen (2003) esse assumono un atteggiamento maggiormente empatico ponendosi, spesso, nei panni degli altri, cercando di comprenderne lo stato emotivo e di rispondere in maniera adeguata. A queste ricerche concentrate sul Piano Cognitivo-Simbolico, se ne aggiungono altre che mirano ad indagare il livello sensomotorio. Secondo Baker (1987), come già accennato in precedenza, le donne hanno una maggiore capacità tattile. Alcuni studi neurofisiologici hanno evidenziato come, nella donna, ci siano un maggior sviluppo dei neuroni specchio e delle fibre che compongono il corpo calloso; secondo i ricercatori tale differenza spiegherebbe la partecipazione empatica femminile, rendendo la sua osservazione degli eventi più sentita e globale. Molte ricerche hanno considerato come le donne abbiano una maggiore capacità empatica, intesa come capacità di riconoscere le emozioni altrui, una migliore sensibilità emotiva, quindi una maggior capacità di sintonizzarsi sulle emozioni dell’Altro (Albiero, Matricardi, 2006).
Le femmine, inoltre, hanno una maggiore tendenza a raccontarsi ed a condividere rispetto ai maschi. Nella ricerca di Del Giudice emerge che gli uomini sono più discreti, meno propensi a farsi coinvolgere nelle faccende altrui e a condividere le proprie. Anche nella ricerca di Vaccaro si evidenzia che le femmine sono più propense a condividere le loro ansie e paure. Dogana (2002) ha evidenziato che le donne, non solo hanno un numero maggiore di amicizie rispetto agli uomini, ma hanno scambi più profondi a livello affettivo e confidano le proprie emozioni con più facilità, mentre gli uomini usano le relazioni interpersonali per scambiarsi informazioni concrete. Anche altre ricerche hanno dimostrato che per le donne le interazioni amicali e la stabilità degli affetti siano la fonte primaria di felicità e soddisfazione, al contrario degli uomini che traggono maggiore soddisfazione dal successo lavorativo e dall’affermazione di sé. Anche le ricerche di Gross e John (1998) hanno dimostrato che gli uomini sono più propensi a reprimere le proprie emozioni.
BIBLIOGRAFIA
Albiero P., Matricardi G, “Che cos’è l’empatia”, Carocci, Roma, 2006.
Baker M. A. “Sex differences in human performance”, Wiley, Chichester, 1987.
Bardwick J. M., “Psychology of women: a study of bio-cultural conflict”, Harper and Row, New York, 1971.
Baron-Cohen S., “The extreme male brain theory of autism”. In “Trends in Cognitive Sciences”. 6 (6), 2002.
Baron-Cohen S. “The essential difference: The truth about the male and female brain” Basic Books, New York, 2003. Tr. it. “Questione di cervello. La differenza essenziale tra uomini e donne”, Mondadori, Milano, 2004.
Criaf-Provincia di Brescia, Commissione Pari Opportunità, “Bullismo al femminile: alcuni risultati della ricerca”, 2008.
Del Giudice M., Booth T., Irwing P., “The Distance Between Mars and Venus: Measuring Global Sex Differences in Personality”, in “Public Librery of Sciences”, 2012.
Dogana F. , “Uguali e diversi”, Giunti, Firenze, 2002.
Gross J.J. e John,O.P., “Mapping the domain of expressivity: multimethod evidence for a hierarchical model”, in “Journal of personality and social psychology”, 74, 1998.
Hoffman M.L., “Empathy and Moral Development”, Cambridge, 2000.
Rispoli L. “Esperienze di Base e Sviluppo del Sé- L’evolutiva nella Psicoterapia Funzionale”, Franco Angeli, 2004.
Slepian, M., Weisbuch, M., Rule, N., & Ambady, N., “Tough and Tender: Embodied”, in “Categorization of Gender Psychological Science”, 22 (1), 2010.
Taylor S. E., Saphire-Bernstein, S., & Seeman, T. E., “Are plasma oxytocin in women and plasma vasopressin in men biomarkers of distressed pair-bond relationships?”, in “Psychological Science”, 21, 2010.
Vaccaro C., “Managing Emotional Manhood: Fighting and Fostering Fear in Mixed Martial Arts,” in “Social Psychology Quarterly”, 2011.
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