“L’uomo e la donna sono due scrigni chiusi a chiave, dei quali uno contiene la chiave dell’altro.”
(Karen Blixen)
Nel ’92 lo psicologo John Gray scrisse il libro “Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere”, tradotto in 40 lingue. Secondo Gray i due sessi hanno modi completamente diversi di comunicare: gli uomini tendono a chiudersi in se stessi, a rimuginare di fronte a un problema, mentre le donne sentono costantemente il bisogno di parlare e condividere i loro problemi. Gli uomini cercano soluzioni pratiche, mentre le donne sono ottime ascoltatrici e offrono aiuto anche quando non è richiesto. Col passare degli anni si è cercato di ridurre le stereotipie di genere, tant’è che la ricercatrice Janet Hyde (2005) affermò che “l’idea della differenza ha gravi ripercussioni sociali”, sottolineando l’importanza della parità. Recentemente lo studio dello psicologo Del Giudice (2012), effettuato su un campione di 10.000 americani riguardante 15 diversi tratti di personalità, ha dimostrato che le differenze di genere esistono. Secondo Del Giudice (2012) tutti i ricercatori precedenti sono stati finora concordi nell’affermare che esistono differenze sostanziali tra maschi e femmine nell’ambito della sessualità, ma meno certezze e pareri discordi sono sorti per quanto riguarda le caratteristiche di personalità. I risultati della sua ricerca mostrano che i profili psicologici si somigliano solo per il 10-20%.
La maggior parte degli studi odierni sulle differenze di genere fanno riferimento alla scelta professionale e alle attività che sono tendenzialmente predilette dai due sessi. Perciò i maschi si immaginano nel futuro come pompieri, ingegneri, geometri, idraulici, piloti, politici, giornalisti ecc., mentre le femmine sono attratte da altri impieghi: cameriera, ballerina, cantante, insegnante, medico, baby-sitter ecc. I ragazzi si dilettano nella matematica e nei giochi di movimento in percentuale maggiore rispetto alle femmine e, viceversa, queste prediligono giochi e attività più tranquille, come la lettura (McHale, Kim, Whitema, Crouter, 2004).
La scuola appare, pertanto, come un luogo in cui emergono chiaramente, fin dalla tenera età, le prime differenze di genere attraverso vari comportamenti, come la suddivisione dei giochi, la gestione dei compiti che vengono affidati ai bambini, e via dicendo. Se la scuola, come istituzione, è in grado di condizionare l’assunzione dei ruoli, è anche il luogo in cui si può prevenire la radicalizzazione delle stereotipie. Da una ricerca emerge che i bambini prediligono videogiochi, sport (basket, calcio ecc.) e giochi da tavolo (monopoli, battaglia navale ecc.), mentre considerano giochi prettamente femminili il ballo, le bambole e i peluche, i giochi di ruolo in genere (fare la mamma, fare la parrucchiera ecc.). Le bambine giocano principalmente con le bambole o simili, peluche, ma fanno anche giochi di movimento (nascondino, campana, elastico ecc.) o legati allo sport (pattini, pallavolo ecc.) e molte amano anche i videogiochi. Le femmine considerano maschili giochi come robot, videogame, giochi da costruzione (es. Lego), macchinine e alcuni giochi collegati all’attività sportiva. Le bambine affermano che tutti i lavori che richiedono forza fisica dovrebbero essere svolti solo dagli uomini, mentre alcuni lavori, come la velina o la cubista, sono strettamente femminili; la maggior parte delle bambine pensa che da grande vorrebbe svolgere una professione legata alla cura degli altri (maestra, parrucchiera, infermiera, medico ecc.), al contatto con gli animali (gestire un negozio, veterinaria, addestratrice di animali ecc.), alla moda (truccatrice, stilista, commessa ecc.) o alla televisione (ballerina, cantante, attrice ecc.). In un laboratorio da svolto in una scuola primaria, in mezzo a queste idee conformiste, emergono anche alcuni progetti originali e non stereotipati, come la criminologa, l’avvocato, l’archeologa, il notaio, la poliziotta ecc. Per i bambini non esiste ancora una netta suddivisione tra lavori maschili e femminili, se non per quelli che richiedono forza perché le donne sono più deboli; essi si immaginano nel futuro con le professioni più disparate: avvocati, benzinai, calciatori, fumettisti, attori ecc. Proprio per questo si è scelto di fare una ricerca che indagasse la presenza delle stereotipie di genere nelle scuole primarie, considerando anche il fatto che nel 2006 l’Unione Europea aveva emanato la “Tabella di marcia della parità uomo-donna” da realizzarsi tra il 2006 e il 2010, con l’obiettivo di contrastare l’emergere degli stessi stereotipi dagli enti di formazione, d’istruzione e di cultura. Anche in altre ricerche svolte nelle scuole medie inferiori i giovani attribuiscono professioni in cui sono necessarie caratteristiche di pazienza e sensibilità alle donne (es. casalinga, commessa, segretaria) e professioni in cui sono richieste forza e attitudine alla manualità negli uomini (es. fabbro, militare, cacciatore e meccanico).
Anche le scelte delle scuole superiori e dell’università evidenziano che le ragazze sono più propense a frequentare scuole umanistiche, mentre i ragazzi prediligono studi tecnico-scientifici. In una recente ricerca condotta all’Università di Bologna (De Luigi, Santangelo, 2009) è risultato che questo stereotipo è leggermente in diminuzione per quanto riguarda l’orientamento alla scelta universitaria. Resta, però, una netta prevalenza femminile nella preferenza delle materie umanistiche (24,5% contro il 16,3% dei maschi) e delle lingue straniere (18,7% contro il 9%), e una prevalenza maschile per le materie scientifiche e matematiche (22,4% contro il 19,9%).
La costituzione dell’identità di genere inizia fin dalla nascita e continua anche nelle istituzioni educative, pertanto è importante che insegnanti ed educatori siano adeguatamente formati per favorire la differenziazione senza incrementare le stereotipie. Di tutte le identità, infatti, quella di genere è la più consolidata e dirompente perché più fondata nella cultura di appartenenza. La riduzione degli stereotipi di genere si pone, quindi, come un vero e proprio cambiamento di atteggiamenti e modo di pensare.
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