“Quando una ha mangiato troppo, lo stomaco prova rimorso e quando non ha mangiato abbastanza lo stomaco prova rimorso allo stesso modo”
(Pierre Dac)
Al contrario dell’anoressia nervosa che è stata oggetto d’interesse della medicina fin dal diciottesimo secolo, la bulimia è sempre stata considerata un sintomo di altre forme psicopatologiche. Il termine bulimia deriva dal greco “boulimia” che significa “grande fame” divorante ed era utilizzato in origine per indicare una forte avidità di cibo spesso legata a sensazioni di debolezza. A livello nosografico è stata inquadrata come appartenente ora all’uno, ora all’altro disturbo, ad esempio Lasegue la giudicava un segnale di nevrosi isterica mentre Freud la considerava un sintomo d’isteria o di nevrosi attuale. Successivamente la bulimia venne inserita in quadri psicopatologici più complessi con particolare riferimento ai disturbi della personalità, ad esempio Janet la inquadrava come un segno di depressione e psicoastenia. Oggi questa visione è mutata radicalmente.
Innanzitutto si tende ad avvicinare la bulimia all’obesità. Infatti in entrambi i casi riguarda individui, soprattutto femmine, che sono particolarmente preoccupati per il loro peso. H. Bruch, una psichiatra americana, parla di impulsi alimentari incontrollati. Altri autori ricercano una spiegazione biologica, correlando i comportamenti bulimici alle variazioni del tasso di serotonina; altri ancora la considerano una manifestazione della depressione.
E’ dagli anni ’80 che la bulimia è riconosciuta ufficialmente come sindrome a sé stante, definendola rispetto ad individui che conservano un peso normale grazie a comportamenti compensatori, come il vomito autoindotto e l’uso eccessivo di lassativi. La bulimia si riscontra soprattutto fra i giovani, in particolare studenti, e tra giovani donne molto attive soprattutto dal punto di vista professionale. La ragazza tipo cura molto il proprio aspetto e cerca di trasmettere agli altri l’impressione di essere molto sicura di sé. Presenta un peso nella norma e quindi questo le permette di nascondere la propria problematica dietro le apparenze. Ma dietro a questa facciata c’è una persona che non si ama, che non è soddisfatta del proprio corpo e cerca continuamente di compiacere gli altri per essere accettata. E’ incapace di prendere decisioni, di avere una progettualità direzionata verso degli obiettivi precisi e quindi è soggetta a continui cambiamenti nelle proprie scelte, scelte che sono spesso impulsive. Presenta un atteggiamento ambivalente nelle relazioni dove ha difficoltà ma nello stesso tempo ricerca un rapporto simbiotico. Ha scarsa consapevolezza di sé, non è in contatto con le proprie sensazioni, e i comportamenti impulsivi riguardano altre sfere oltre a quella alimentare: possono essere cleptomani, essere sessualmente promiscue, abusare di sostanze stupefacenti e alcol, compiere in atti di violenza e tentare il suicidio.
La crisi bulimica può essere preceduta da momenti di agitazione ed essere seguita da una sorta di stato crepuscolare, un momento di perdita di controllo caratterizzato anche da rimorsi e sensi di colpa per l’abbuffata. In questa fase si manifestano anche i comportamenti compensatori: molte si provocano il vomito mettendosi le dita in bocca o attraverso la compressione dello stomaco. I sensi di colpa possono far cadere nella depressione con successiva imposizione di restrizioni alimentari destinate ad evitare l’aumento di peso. Altre usano lassativi o diuretici che però provocano anche perdite notevoli d’acqua e di minerali con il rischio di carenze vitaminiche. Un altro mezzo è quello dell’utilizzo smodato di esercizi fisici. Gli alimenti consumati durante le abbuffate sono in genere ipercalorici e sono proibiti durante i periodi di restrizione, ma può succedere che, allo scopo di evitare le abbuffate, non si tengano in casa cibi di questo tipo, e allora si trangugiano surgelati appena scongelati, alimenti direttamente dalle scatolette, tubetti di salse, ecc. E’ come se agissero in base ad un principio del “tutto o niente”, senza scartare nulla di quello che si sta mangiando. La frequenza delle abbuffate è molto variabile, a volte sono sporadiche, altre volte sono molto frequenti e ravvicinate nel corso della stessa giornata. Queste crisi possono essere scatenate da ogni minimo turbamento: nel momento dell’ovulazione, al sopraggiungere del ciclo, da uno stato di affaticamento, da stress familiare o professionale, disavventure amorose ed altre problematiche relazionali, ma a volte anche nei momenti di vuoto, percepito come intollerabile. Frequente è anche la fame dovuta a una lunga privazione alimentare che scatena l’abbuffata, oppure un pasto iniziato normalmente che può degenerare. I comportamenti compensatori, invece, hanno anche un ruolo espiatorio e punitivo nei confronti dei sensi di colpa dovuti all’abbuffata. Possono anche essere molto pericolosi perché causano alterazioni nel metabolismo che comportano uno stato di affaticamento generale, crampi muscolari, mestruazioni irregolari,diminuzione delle prestazioni intellettuali, lesioni dello stomaco e dell’esofago, perdita dei denti e dei capelli.
Riferimenti bibliografici:
-Apfeldorfer G. “Anoressia, bulimia, obesità”, Edizioni Il Saggiatore, 1994.
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