“L’uomo dovrebbe imparare ad affrontare il dolore perché non è tutto da gettare via. C’è un dolore che tormenta e uno che matura. Un dolore che distrugge e un altro che avvisa per tempo di ciò che occorre fare”
(Romano Battaglia)
Il dolore è una sgradevole esperienza sensoriale ed emotiva associata ad un effettivo o potenziale danno tissutale o comunque descritta come tale. Esistono vari fattori che influenzano la percezione del dolore: il primo fattore è correlato agli episodi passati, ovvero un dolore che si è provato in circostanze difficili darà una connotazione peggiore a un dolore provato in condizioni analoghe. Il secondo fattore è di natura collettiva e culturale. Ad esempio sembra che gli occidentali abbiano soglie del dolore più basse rispetto agli orientali, mentre la soglia delle sensazioni non dolorose è identica. Inoltre il dolore è vissuto in modo diverso a seconda delle fasi di vita.
Il dolore è, almeno di consueto, un’informazione che viene veicolata fino ai centri decisionali del cervello che presiedono al comportamento. I recettori periferici inviano i loro messaggi attraverso i nervi sensitivi, la cui velocità può andare da 1 a 300 metri al secondo. Le sensazioni che ricevono coprono un’ampia gamma che va dalle sensazioni tattili lievi alle sensazioni dolorose. Questa trasmissione non è statica ma varia a seconda dello stato funzionale o lesionale del midollo spinale, che a sua volta dipende dalla presenza di malattie o dalle condizioni psicologiche: una sensazione ricevuta potrà essere percepita come dolorosa in un determinato momento e neutra in un altro. I messaggi dolorosi, inoltre, vengono interpretati dalle strutture preposte sotto tre aspetti: i caratteri generali che consentono di localizzarli, di valutarne l’intensità e la durata; la tonalità emozionale che informa sulla loro natura spiacevole e più o meno sopportabile; l’analisi che viene attuata grazie ai processi di memoria. Esistono anche dei sistemi di controllo al fine di ridurre la percezione del dolore in determinate circostanze.
I dolori vengono differenziati in cinque categorie: i dolori nocicettivi, provocati da una lesione tissutale; i dolori neurogeni che corrispondono ad un’alterazione dei nervi che veicolano le sensazioni (caldo, freddo, ecc.); i dolori misti (tra i due precedenti); i dolori muscolari e tendinei, come nel caso della fibromialgia; i dolori psicogeni, non imputabili a nessuna lesione e associati a quadri di ansia e depressione.
Le malattie dolorose colpiscono gli uomini, ma soprattutto le donne relativamente giovani ed apparentemente in buona salute e si tratta spesso di malattie al confine tra l’organico e lo psichico.
Quando si parla di dolore cronico?
1. Durata. Un dolore viene definito cronico quando compare da più di tre mesi e non mette in gioco l’aspettativa di vita di un’altra persona. Alcuni riguardano un organo o una regione limitata del corpo, altri sono più diffusi e quindi più preoccupanti. Altri ancora si manifestano in forma acuta, come l’emicrania o l’endometriosi. Altri dolori all’inizio sono lievi e diventano via, via, sempre più intensi. La cosa più insopportabile del dolore cronico è che spesso si tratta di malattie di cui la causa è tutt’ora ignota.
2. Deve essere compreso nel contesto. Il dolore non è un sintomo isolato, ma è inserito in un contesto dove si tessono legami molto stretti tra la psiche, il sistema nervoso centrale, il sistema ormonale e le difese immunitarie. Contrariamente al dolore acuto che avverte di un pericolo, il dolore cronico non ha la stessa funzione, ma è la prova di una disfunzione da ricercare altrove oltre che nell’organo interessato. Questi dolori, inoltre, sono spesso resistenti alle terapie e hanno dolorose ripercussioni sulla psiche. Alcuni di questi dolori influiscono, quindi, sulla vita del paziente, soprattutto sulla sfera famigliare e lavorativa. In tutti i dolori si riscontra sempre un’ipersensibilità: ad esempio un’ipereccitabilità nel sistema dell’equilibrio, una risposta amplificata alle stimolazioni, e ancora un’ipersensibilità alle mucose.
3. Relazione con lo stress. Lo stress è molto influente sulla percezione del dolore: se gli stressor diventano cronici, l’organismo ne risente, viene colpito il sistema immunitario e si possono aggravare anche delle patologie già preesistenti. Un dolore ostinato può anche essere all’origine di una depressione, ma si tratta di una questione di tempo, di personalità e di capacità di adattamento. Se da un lato alcuni dolori si ripercuotono sulla psiche, dall’altro alcune condizioni emotive, legate per esempio ad uno stress, possono creare autentiche lesioni fisiche.
Riferimenti bibliografici:
– Belaisch J, De Kervasdoué A. “Perchè le donne soffrono di più ma vivono più a lungo'”, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2005.
Lascia un commento