“Il numero dei fattori di stress si è moltiplicato in modo esponenziale: il traffico, il denaro, il successo, l’equilibrio lavoro/vita, l’economia, l’ambiente, genitorialità, conflitti familiari, le relazioni, la malattia. Poiché la natura della vita umana è diventato molto più complicato, la nostra risposta allo stress antica non è stata in grado di tenere il passo.”
(Andrew Bernstein)
Per comprendere i meccanismi fisiologici sottostanti allo stress è indispensabile conoscere le differenze fondamentali tra sistema nervoso volontario e sistema nervoso autonomo, entrambi innervati dal sistema nervoso centrale. Il primo ci consente di prendere decisioni e quindi di fare movimenti consapevoli, mentre il secondo è responsabile di tutti i processi involontari del nostro organismo,che vanno dalla respirazione alla pelle d’oca. Il sistema nervoso autonomo è a sua volta costituito dal sistema nervoso simpatico e da quello parasimpatico, il primo attivato e il secondo disattivato durante lo stress. Il sistema nervoso simpatico pertanto contribuisce a sollecitare le azioni dell’organismo durante le emergenze incrementando la vigilanza e la mobilitazione. Il sistema parasimpatico invece determina gli stati di calma ed entra in gioco anche al termine delle emergenze per ripristinare l’equilibrio nell’organismo.
Anche gli ormoni, oltre ai neurotrasmettitori legati al sistema nervoso autonomo, entrano in gioco nello stress. Gli ormoni principali nella risposta allo stress sono l’adrenalina, la noradrenalina (rilasciati dal sistema nervoso simpatico) e i glicocorticoidi, ormoni steroidi secreti dal surrene che agiscono in maniera simile all’adrenalina, solo che gli effetti durano di più. In un periodo di stress, sia esso reale o soltanto pensato, alcuni collegamenti tra l’ipotalamo, l’ipofisi e le ghiandole periferiche vengono attivati, altri vengono inibiti, e vengono secreti degli ormoni che fanno partire un meccanismo specifico. L’ipotalamo secerne il CRH che stimola l’ipofisi a rilasciare la corticotropina (ACTH) che a sua volta, quando entra nel circolo ematico, permette il rilascio dei glicocorticoidi, che possono essere considerati le bestie da soma della risposta allo stress. Questi insieme al glucagone (rilasciato dal pancreas) e al sistema nervoso simpatico, aumentano il livello di glucosio nella circolazione sanguigna e quindi permettono la mobilitazione dell’energia necessaria a rispondere allo stress. Contemporaneamente vengono secreti la prolattina, che inibisce la riproduzione, le endorfine che diminuiscono la percezione del dolore e la vasopressina che contribuisce alla risposta cardiovascolare. E’ invece inibita la secrezione degli ormoni legati alla crescita, dell’insulina che contribuisce all’accumulo di energia, e degli gli ormoni sessuali.
Tutto questo mostra in maniera evidente come l’organismo reagisce allo stress in modo da prepararlo al consumo di grandi quantità di energia.
Shelley Taylor ha però evidenziato come tale risposta fisiologica non sia identica nei maschi e nelle femmine, che invece risulterebbero più portate a proteggere la prole piuttosto che a scappare. Infatti nella risposta femminile allo stress entra in gioco anche l’ossitocina, l’ormone del legame, che servirebbe quindi a cercare sostegno nell’affiliazione sociale durante i momenti di stress. Nonostante alcuni abbiano criticato queste ipotesi, esistono comunque reali differenze fisiologiche tra maschi e femmine nella risposta allo stress. Inoltre sembra che ci siano diversità nella reazione anche tra varie specie.
Un’ulteriore complicazione è data dal fatto che, al contrario di quello che affermava Selye, non tutti gli stressor determinano la stessa risposta. Questa variabilità è data dalla velocità e dall’ampiezza dell’attività dei glicocorticoidi e del sistema nervoso simpatico. Se però la risposta dei glicocorticoidi è eccessivamente prolungata nel tempo questo può farci ammalare. Inoltre due stressor identici possono sollecitare una diversa risposta fisiologica a seconda del contesto psicologico in cui vengono percepiti.
E qui entra in gioco il concetto di filtro funzionale, ovvero una modalità soggettiva con cui vengono percepiti gli eventi. Quando non funziona in modo adeguato e gli eventi sono percepiti più stressanti di quello che sono in realtà, sussistono le seguenti alterazioni: la progettualità diminuisce, così come il razionale, i ricordi si alterano e le fantasie negative si ingrandiscono; paure e preoccupazioni, dubbi e indecisioni; movimenti agitati e a scatti; posture irrigidite; il respiro diventa alto e trattenuto, le sensazioni interne ai muscoli diminuiscono e sussiste una condizione di simpaticotonia cronica.
Riferimenti bibliografici:
-Rispoli L. “Esperienze di Base e Sviluppo del Sé- L’evolutiva nella Psicoterapia Funzionale”, Franco Angeli, 2004.
-Sapolsky R. M. “Perchè alle zebre non viene l’ulcera? La più istruttiva e divertente guida allo stress e alle malattie che produce. Con tutte le soluzioni per vincerlo”, Orme Editori, 2004.
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