“Soffrire di depressione vuol dire non desiderare più nulla, non avere la forza di cambiare. Ci sentiamo soli anche in mezzo agli altri, che spesso non comprendono la nostra sofferenza. Siamo incapaci di amare e nello stesso tempo abbiamo un disperato bisogno di affetto.”
(Romano Battaglia)
La letteratura psicologica e psichiatrica definisce il trauma come “esperienza personale diretta di un evento che causa o può comportare morte o lesioni gravi, o altre minacce all’integrità fisica”.
Ma il trauma è ancora qualcosa di più. Impossibilità di sottrarsi o di neutralizzare gli eventi, contro i quali non si ottiene sufficiente aiuto dagli altri. Questo avviene di fronte a calamità naturali o negli abusi, in particolare in questo articolo centrerò l’attenzione sugli abusi infantili.
Questi eventi traumatici influenzano il sentire profondo della persona attraverso l’instaurazione di due atteggiamenti che sono tipici della depressione.
- Impotenza: le vittime di traumi erano bambini piccoli, vittime inermi di un adulto che, per maggiore forza fisica, non potevano fare nulla. E questo lascia loro un profondo ed inesorabile senso di impotenza che, da adulti, si estende a tutte le aree di vita della persona. Da bambini si impara che non si può reagire, non si può fare nulla per cambiare la situazione e quindi, anche da adulti, tutto sembra inutile, anche laddove la vita offre delle possibilità di cambiamento, delle possibilità di stare bene. Spesso questa impotenza crea un vero e proprio stato di congelamento provocando distacco dall’usuale esperienza di sé e sintomi dissociativi. Più l’esperienza è arcaica e frequente, più interferisce con i meccanismi dello sviluppo, provocando incapacità di adattamento.
- Sfiducia: l’impossibilità di ricevere, come spesso accade in queste situazioni, un sostegno, un aiuto; la presenza di qualche altro adulto che veda o si accorga di quello che sta succedendo, lascia nell’individuo un forte senso di sfiducia verso l’altro. E da adulti non si sarà più in grado di capire di chi ci si può fidare e di chi no. Così si instaurano dei circoli viziosi in cui si ricade continuamente: capita così che ogni persona che si incontra si rivela essere un ulteriore manipolatore, un ulteriore abusante che prende solo quello che vuole, lasciando poi solo un senso di sconfitta e fallimento o, al contrario, l’incapacità di affidarsi anche quando può veramente farlo.
- Senso di colpa e vergogna. I bambini che subiscono un abuso, non possono incolpare l’adulto, soprattutto se si tratta di una persona che si prende cura di loro, pertanto danno la colpa a sé stessi per quanto accaduto, ed ecco la colpa e la disperazione della depressione. Si impara che è sbagliato mostrare dissenso a chi si è legati affettivamente e, spesso, che il proprio corpo deve essere un dono per la gratificazione sessuale dell’altro. Ci si sente responsabili per quello che è avvenuto, per aver taciuto l’abuso e perché chi abusa insinua nella vittima l’idea che ci sia stato qualcosa di sbagliato nel suo comportamento, un atteggiamento seduttivo che ha indotto il carnefice ad avvicinarsi. E questo scatena sensi di colpa. Da qui parte un circolo vizioso che porta la vittima a tacere, non si può confessare qualcosa di cui ci si sente responsabili.
- Sintomi fisici. Anche se il trauma spesso non è accessibile nei ricordi, nella mente, il corpo ne ha memoria, infatti spesso queste persone non arrivano in terapia perché si sentono vittime, o per una depressione con cui hanno imparato a convivere, ma per sintomi fisici, come quelli gastrointestinali, sintomi muscolo-scheletrici da eccessiva tensione o problemi inerenti la sessualità.
E’ vero che le donne, come dimostrano molte ricerche, sono più propense a ricercare sostegno sociale, e, proprio per questo è più probabile che si rivolgano ad uno psicoterapeuta, ma sta aumentando anche il numero di uomini che si rivolgono a noi. Spesso quello che li spinge sono difficoltà di relazioni, ma anche insonnia, ansia, ecc.
E’ vero che non è possibile cambiare quanto avvenuto nel nostro passato, ma è possibile cambiarne le tracce, attraverso quell’amore che ogni terapeuta deve avere per i propri pazienti. Perché se si usano solo le tecniche si fa ben poco.
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