“Forza è riuscire a spezzare a mani nude una barra di cioccolato in quattro − e poi mangiarne un solo quadratino” (Judith Viorst)
Lo stress può modificare i modelli alimentari, ma anche l’insufficienza di cibo e acqua è fonte di stress, così come l’assunzione di comportamenti anoressici. Quando si è stressati si perde l’appetito come la zebra che è inseguita dal leone nella savana non pensa a mangiare: in quel momento per l’individuo è importante salvarsi dal pericolo e non pensare al pranzo! Alcuni però mangiano tutto quando sono sotto stress, in modo meccanico e noncurante, oppure mangiucchiando un po’ prima un po’ dopo, e spesso alimenti ipercalorici. Le statistiche mostrano che due terzi degli stressati diventano iperfagici e solo un terzo ipofagici. In generale si può quindi affermare che lo stress altera l’appetito.
Se durante lo stress si ha l’appetito si blocca, una volta passato lo stressor questo processo viene invertito e spesso si mangia di più. Tutto questo è mediato da secrezioni di ormoni che controllano entrambi i processi: i glicocorticoidi stimolano l’appetito, soprattutto per cibi ricchi di amidi, zuccheri e grassi, quindi si preferisce mangiare un piatto di pasta piuttosto che un’insalata, mentre il CRH inibisce l’appetito e contribuisce ad aumentare l’attivazione del sistema nervoso simpatico. La tempistica si rivela un elemento cruciale: la secrezione di CRH è molto rapida, avviene nel giro di pochi secondi in seguito ad uno stress, mentre i glicocorticoidi vengono secreti dopo parecchi minuti, e lo stesso avviene quando cessa lo stress, perciò la sensazione di fame resta più a lungo. Se invece lo stress dura giorni si potrà avere un blocco dell’appetito, quindi anche il tipo e la durata dello stressor sono elementi cruciali per capire se la persona diventerà ipo o iperfagica.
Nella nostra società occidentale la maggior parte di noi diventa iperfagica durante lo stress perché siamo capaci di avere stress psicologici intermittenti durante tutto l’arco della giornata. Ci possono poi essere forti differenze individuali nella percezione dello stress dovute al filtro Funzionale, oppure legate alla fisiologia: il fegato di una persona può essere più lento a rendere inefficienti i glicocorticoidi rispetto a quelli di un altro. Inoltre, le persone che durante lo stress secernono glicocorticoidi in eccesso avranno una tipica brama di dolci una volta terminato lo stress.
I glicocorticoidi favoriscono anche l’immagazzinamento del cibo, soprattutto trasportando l’energia in eccesso nelle cellule adipose localizzate in sede addominale, intorno alla pancia, favorendo, quindi, l’obesità viscerale. Questo avviene perché queste cellule sono più sensibili a questa categoria di ormoni rispetto a quelle dei glutei. E sono proprio le persone che assumono questa forma a mela che sono più a rischio di malattie metaboliche e cardiovascolari. Al contrario il grasso che si deposita nei glutei si perde con più uniformità nel corpo. Queste osservazioni costituiscono, pertanto, degli ottimi predittori, in quanto se si secernono maggiori quantità di glicocorticoidi rispetto alla media allora si corre più il rischio di ingrassare nella zona addominali e pancia.
Occorre inoltre considerare che lo stress fa venire una gran voglia di cibi come amidi, zuccheri e grassi che fanno, a loro volta, diminuire lo stress. Non soltanto la cioccolata è buona ma riduce lo stress e ci fa sentire bene. Esistono quindi molteplici fattori che possono indurre obesità: il fatto di secernere troppi glicocorticoidi per via di troppi eventi stressanti o di problemi nel disattivare la risposta allo stress.
Riferimenti bibliografici:
-Rispoli L. “Esperienze di Base e Sviluppo del Sé- L’evolutiva nella Psicoterapia Funzionale”, Franco Angeli, 2004.
-Sapolsky R. M. “Perchè alle zebre non viene l’ulcera? La più istruttiva e divertente guida allo stress e alle malattie che produce. Con tutte le soluzioni per vincerlo”, Orme Editori, 2004.
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