“Ci sono molte cose nel mondo che ci fanno paura. Ma ci sono molte più cose nella nostra immaginazione che ci fanno paura.”
(Frederick W. Cropp)
La paura è una delle 6 emozioni fondamentali insieme alla gioia, la tristezza, la sorpresa, la rabbia e il disgusto. Come le altre ha una sua funzione specifica che è quella di allontanarci dai pericoli. La paura e il dolore ci tengono in vita avvisandoci se la nostra integrità fisica e psichica siano messe a repentaglio da agenti esterni (oggetti contundenti e persone che vogliono farci del male).
La paura del palcoscenico è, invece, qualcosa di inspiegabile, perché quando siamo lì sul palco nessuno degli spettatori è lì per farci del male. Magari per chi è famoso c’è qualche giornalista a caccia di critiche, ma il più delle volte le persone sono lì per noi.
Chi si deve esibire è spesso in una situazione paradossale, in cui da una parte ha un bisogno profondo di mostrarsi, dall’altra la paura di farlo. Il bisogno di mostrarsi è un bisogno antico, di quando eravamo piccoli: tutti i bambini trovano piacere nel mostrare i propri disegni o altre creazioni, i propri progressi nei passi di danza, e persino sé stessi, e lo fanno per ricevere apprezzamenti e critiche costruttive: è proprio attraverso di esse che essi costruiscono la propria autostima. Se, anziché apprezzamenti, i bambini ricevono costantemente soltanto critiche, allora ne nascerà un profondo senso di vergogna e quel bambino diverrà un adulto insicuro, che non mostrerà mai le sue capacità.
Come possiamo affrontare la paura del palcoscenico?
1. Tecniche di rilassamento: le paure possono anche restare un poco nei nostri pensieri, ma se le gambe tremano e il respiro è troppo veloce la nostra prestazione ne risentirà. Perciò cerchiamo di respirare di diaframma, far scendere il respiro dal torace nella pancia attraverso esercizi di respirazione addominale. Poi possiamo fare esercizi di stretching e allungamento per allentare la tensione muscolare.
2. Ritrova il piacere di Mostrarti: il pubblico non è tuo nemico, ma è lì per guardare te, che siano i tuoi fans perché sei già famoso, oppure che siano i tuoi amici che assisteranno al tuo saggio del corso di danza o di teatro. Sono lì per applaudirti e lo faranno anche se farai qualche errore. E ricorda che tutti commettono degli errori.
3. Allenamento: allenati a casa, se canti o reciti registrati in modo da poter sentire e correggere gli errori. Tra il pubblico ci sarà una persona di cui ti fidi, che ti critica in modo costruttivo dandoti dei preziosi suggerimenti per migliorare: potrà essere quella che guarderai nel pubblico sentendone il sostegno. Se stai attento alle facce degli altri in cerca di una critica, perderai la concentrazione sulla tua esibizione.
4. Umanizzazione-Ridicolizzazione. Si tratta di una strategia cognitiva che consiste nell’immaginare la propria paura associandola a qualcosa di divertente. Chi ha visto “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban” ricorderà quando il professor Lupin insegna agli allievi l’incantesimo “Ridiculus” per difendersi da un molliccio (essere magico che assume le forme delle paure di chi ha di fronte) e imparare ad affrontare ciò che si teme di più; Ron vede un ragno gigante correre sui pattini a rotelle. Nel caso della paura da palcoscenico, ad esempio, si può immaginare il pubblico in mutande.
5. Cerca di divertirti: perché si ha paura del pubblico? Nessuno sa rispondere esattamente a questa domanda, probabilmente ha a che fare con la paura del giudizio, ma il fatto che sia presente anche quando il pubblico è costituito da persone amichevoli evidenzia come non sempre sia la risposta corretta. Ricordiamoci prima di salire sul palco, che la nostra paura è del tutto irrazionale. In fondo siamo lì perché l’abbiamo voluto noi e quindi divertiamoci. Basta porsi una semplice domanda: è meglio essere lì ed avere paura o non esserci affatto?
Il canto e la voce, se superiamo queste paure, possono essere potenti strumenti terapeutici. Se vuoi saperne di più acquista il mio libro!
Riferimenti bibliografici:
-Rispoli L. “Esperienze di Base e Sviluppo del Sé- L’evolutiva nella Psicoterapia Funzionale”, Franco Angeli, 2004.
Lascia un commento